venerdì 20 agosto 2010


Jonathan Robinson

Messa e modernità
Un cammino a ritroso verso il regno dei cieli
CANTAGALLI, 2010


La filosofia moderna ha elaborato idee sulla storia, la ragione, la scienza e la comunità che sono entrate nella mentalità comune permeando anche la coscienza cattolica e che hanno contribuito a deformare la riflessione sulla liturgia della Chiesa di oggi.

È questa la tesi che padre Jonathan Robinson, fondatore della Congregazione dell'Oratorio di San Filippo di Toronto e professore di Filosofia alla McGill University di Montreal, illustra qui con lucidità e chiarezza, mostrando come il concetto di modernità formato nel pensiero filosofico di Kant, Hegel, Hume e Comte abbia influenzato l'attuazione della riforma liturgica postconciliare e condizionato la nostra comprensione del significato della celebrazione eucaristica.

Il modernismo esplora il nuovo e nega l'eterno che si incarna e permane nel tempo e nella storia, trasformando il culto da valore oggettivo in espressione soggettiva modificabile a piacimento.

La religione morale che rifiuta lo slancio trascendente ha abbassato Dio alle nostre dimensioni, facendoci dimenticare che come dice Benedetto XVI “Dio lo si trova soprattutto lodandolo, non solo riflettendo e la liturgia non è qualcosa di costruito da noi; (…) diventa nostra unione con il linguaggio di tutte le creature”.

Padre Robinson critica duramente la riforma del culto intrapresa dopo il Concilio Vaticano II, che partendo da affermazioni chiare e incontestabili ha però prodotto a suo parere soltanto “apatia, amarezza e superficialità”.

Nello sforzo di parlare al mondo moderno, la Chiesa ha troppo spesso cercato di adattare le celebrazioni eucaristiche a prospettive di fatto nemiche della cristianità che hanno finito con indebolire la Chiesa nel suo insieme e svuotare di senso il culto.

Urge dunque una riflessione profonda sullo stato di salute della Chiesa per tutelare l'efficacia della sua missione: far sì che il mondo moderno sia raggiunto dalla verità di Cristo e dal suo potere salvifico.

La visione di Robinson è però tutt'altro che scettica.

All'inizio del suo libro egli affida a un passo di John Henry Newmann, grande teologo inglese oratoriano prossimo alla beatificazione, il suo messaggio di speranza: solo grazie all'esperienza acquisita con l'errore è possibile avvicinarsi alla verità e solo dopo aver sbagliato impariamo ad agire correttamente.

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