giovedì 25 febbraio 2010

Da un'omelia di Mons. Mariano Crociata

Una «poltiglia insulsa», quasi una «pietanza immangiabile» o, comunque, ben «poco nutriente». Così, agli occhi di molti fedeli, devono apparire non poche delle omelie che ogni domenica vengono pronunciate dai pulpiti. Questione di parole, «ma anche di atteggiamenti e di testimonianze credibili da parte di chi è chiamato a fare la predica». E’ quanto ha denunciato mons. Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, in un intervento ripreso il 30.12.2009 dall’Osservatore Romano. Si tratta di un tema molto sentito tra chi frequenta le chiese e le parrocchie: «talvolta mi viene la voglia di strappare il microfono dalle mani del prete», ha confessato lo scrittore e giornalista cattolico Vittorio Messori. A suo avviso, le prediche della domenica diventano spesso un’«occasione sprecata»; un quarto d’ora buttato via dal clero di fronte ad un’audience costituita da circa un terzo degli italiani, un pubblico impensabile per qualsiasi programma televisivo. Ad esprimersi senza peli sulla lingua è stato mons. Crociata durante un convegno liturgico che si è tenuto nei giorni scorsi a Roma. «Spesso le nostre parole e la nostra pastorale tutta - ha detto il presule, durante la messa celebrata martedì mattina - risultano una poltiglia melensa e insignificante, come una pietanza immangiabile o, comunque, ben poco nutriente». «E’ questione - ha aggiunto - di atteggiamento e di vita, non solo di parole, anche se pure le nostre parole e le nostre stesse omelie dovrebbero prendere a modello questa sorta di criterio regolativo che ci viene dalle parole del vecchio Simeone: nello stesso tempo annunciare la salvezza e mettere di fronte alla decisione». «In questo senso - ha proseguito mons. Crociata - sarebbe oltremodo deplorevole far diventare le omelie occasioni per scagliare accuse e contumelie, rimproveri e giudizi di condanna; ma anche il contrario risulta insulso, quando le nostre parole si riducono a poveri raccatti di generiche esortazioni al buonismo universale».

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